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La fiducia nella scienza nell'Europa di ieri e di oggi. Intervista al professor Alessandro De Angelis

14-11-2022 14:34

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La fiducia nella scienza nell'Europa di ieri e di oggi. Intervista al professor Alessandro De Angelis

a cura di Patrizia Gallo

L'intervista di Patrizia Gallo al professor Alessandro de Angelis, astrofisico italiano di fama internazionale.

 

Laureato in Fisica a Padova, perfezionato al CERN di Ginevra, dal 2000 si occupa di astrofisica delle particelle; è stato tra i progettisti del telescopio spaziale Fermi-LAT della NASA e del telescopio MAGIC alle isole Canarie. È principal investigator del progetto spaziale ASTROGAM ed è tra i proponenti del Southern Wide-field Gamma-ray Observatory (SWGO), un osservatorio per fotoni ad altissima energia che verrebbe allocato ad alta quota sulle Ande. Ha suggerito il mescolamento tra raggi gamma e particelle neutre oscure nei campi magnetici intergalattici.

Dopo il rientro in Italia nel 2000, ha lavorato all'Università di Udine, poi dal 2010 al 2011 all'Istituto Max-Planck per la Fisica (Werner Heisenberg) di Monaco di Baviera, successivamente per tre anni è stato Dirigente di Ricerca dell'INFN e quindi professore ordinario di fisica sperimentale a Padova. Dall’agosto 2022 è addetto scientifico alla rappresentanza permanente dell’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Parigi.

Affianca all'attività di ricerca quelle di divulgatore e storico della fisica, in particolare nei settori della fisica dei raggi cosmici e del periodo di Galilei.

È editor di Storia della Fisica per Springer Nature.

 

D) Iniziamo da “L’enigma dei raggi cosmici”, suo libro del 2011.

“Grazie ad avventurosi studi un secolo fa fu possibile dimostrare che parte della radiazione naturale che si osserva sulla Terra è di natura extraterrestre: era la scoperta dei cosiddetti `raggi cosmici’, particelle che arrivano da misteriosi acceleratori nell'universo, probabilmente buchi neri supermassicci e resti di supernova, a energie anche centinaia di milioni di volte maggiori di quelle a cui riusciamo a produrle con i più potenti acceleratori della Terra.

A cent'anni dalle prime scoperte questo libro si propone, con l'aiuto di documenti rinvenuti recentemente, di raccontare la vera storia di questa appassionante avventura scientifica e le frontiere dell'esplorazione dei raggi cosmici.” 

Iniziamo da qui, anche per rendere noto che nelle nostre università esistono spesso delle eccellenze, forse poco conosciute dal grande pubblico qui da noi, come Lei che è una personalità di tutto rispetto all’estero, conosciuto a livello internazionale proprio per i suoi importanti studi sui raggi cosmici.

Dai suoi studi fondamentali sono scaturiti ulteriori effetti o è rimasto tutto solo a livello teoretico?

 

R) Prima di tutto, le scoperte non vengono fatte da persone, ma da gruppi. Ci sono dei coordinatori dei gruppi che sono più visibili degli altri ma il merito è tutto della squadra. Sono come le squadre di calcio, c’è uno che è più visibile però il portiere ha tanto merito quanto il centravanti: se no non si vincono le partite. Sicuramente sì, cioè il contributo che noi come italiani abbiamo dato allo studio dei raggi cosmici poi ha portato ad ulteriori esperimenti, ulteriori scoperte. Se uno pensa a che cosa è accaduto nello studio dei raggi cosmici negli ultimi venti anni, i progressi sono stati enormi. Siamo riusciti a capire quali sono le sorgenti dei raggi cosmici galattici e alcune sorgenti dei raggi cosmici extragalattici. Abbiamo capito da dove vengono le particelle di più grande energia dell’Universo. Anche se non abbiamo ancora capito completamente come vengono accelerate: questa sarà la prossima sfida.

 

D) Oggi Lei è Professore di fisica sperimentale a Padova e di astrofisica delle alte energie a Lisbona, membro degli istituti nazionali di fisica nucleare e di astrofisica. Oltre ad aver progettato e realizzato alcuni tra gli esperimenti più importanti per lo studio dei raggi cosmici, è anche autore di diversi saggi, tra cui Discorsi e dimostrazioni matematiche di Galileo Galilei per il lettore moderno (Codice, 2021) e I diciotto anni migliori della mia vita, che è il suo primo libro in forma di romanzo storico scritto nel 2021 per Castelvecchi. E, per ultimo, nel 2022, “Galileo e la supernova del 1604” in uscita in questi giorni. 

Dopo aver letto il suo prestigioso CV, tornando alla figura di Galileo, è comprensibile il suo interesse per i suoi studi, le pubblicazioni e anche per la permanenza a Padova.

“Quando a ventott’anni, nel 1592, Galileo Galilei ottiene la prestigiosa cattedra di matematica all’Università di Padova, la sua fama di scienziato geniale è pari a quella di attaccabrighe. Non ha terminato il corso di laurea, beve troppo, frequenta i bordelli; un poemetto scurrile contro i professori gli è costato il rinnovo a Pisa, mentre a Bologna ha mentito sul curriculum. Eppure – senza trascurare i piaceri della vita, che amerà condividere con l’amico Sagredo –, a Padova Galileo farà il suo ingresso nel milieu della cultura e della politica mondiali; vedrà nascere i suoi tre figli; punterà il “cannone occhiale” verso il cielo nelle sue prime osservazioni, che cambieranno la storia del mondo. Ha rivelato un Galileo poco conosciuto, imperfetto, memorabile, in un romanzo che, poggiando su una rigorosa ricerca storica, gioca sul confine tra fiction e non-fiction e racconta i diciotto anni scapigliati e burrascosi che Galileo definirà i «migliori di tutta la mia età».

Con i disegni autografi di Galileo Galilei e con le mappe d’epoca.

Tutto genio e sregolatezza?

 

R) Questi libri sono molto diversi e hanno avuto anche una gestazione diversa. Il libro su “Discorsi e dimostrazioni” era il libro che pensavo di fare fin dai tempi del liceo, quindi diciamo quasi cinquanta anni fa e che sono riuscito a finire grazie al Covid. Ogni tanto ci lavoravo, poi sospendevo, avevo qualcos’altro da fare. Invece, grazie al Covid sono rimasto chiuso in casa e quindi sono riuscito a finire questo libro. Mi mancavano due o tre mesi di lavoro a tempo pieno che sono riuscito a trovare grazie all’isolamento. Gli altri due libri che ho scritto invece, quello sulla biografia di Galileo, il romanzo così storico e l’altro che ho appena pubblicato che è ”Galileo e la Supernova del 1604” che sta per uscire ufficialmente, sono due libri che vengono dal mio modo di lavorare. Quando ho cominciato a raccogliere la bibliografia per il libro sui “Discorsi e Dimostrazioni matematiche” ho cominciato ad avere tantissimo materiale e isolavo questo materiale in vari archivi. Da principio mi è venuta voglia di scrivere una biografia degli anni padovani di Galileo, che Antonio Favaro, che è stato il curatore dell’Edizione nazionale delle opere di Galileo aveva iniziato a fare e non ha finito perché è morto. Allora il mio primo obiettivo era di finire il lavoro di Favaro. Poi però ho capito che il lavoro di Favaro non era possibile da finire in un contesto storico perché mancavano troppe informazioni sulla vita di Galileo. In particolare lui non parlava mai dei suoi sentimenti, e questa è una parte rilevante della vita di una persona. Soprattutto di una persona che ha tre figli mentre sta a Padova. E quindi, ho detto: devo cambiare linguaggio. Non posso fare una biografia, devo fare un romanzo storico. Per cui ho inserito dei pezzi storici, che sono delle lettere. Alcune che non compaiono nell’Edizione nazionale perché in qualche modo il curatore ha voluto censurarle per dare un’immagine migliore di Galileo. Si deve tenere conto che l’Edizione nazionale delle opere di Galileo era stata edita nei vent’anni a cavallo del 1900.

 

D) Difatti anche io sono rimasta stupita, non mi aspettavo tanto genio e sregolatezza, di cui le chiedo conto nella domanda precedente.

 

R) Neanche tanto. Nel senso che Galileo quando ha vinto la cattedra aveva 28 anni. Quindi si immagini uno scapolo di 28 anni che va fuori città: non si può considerare sregolatezza. Tanti di noi bevono troppo, hanno scritto poesie scurrili. E non sono neanche Galileo.

 

D) Professore, infatti ritengo sia stata una operazione pregevole, rendere tutti i particolari della sua vita privata: rendere pubbliche le sue debolezze, il suo periodo scapigliato padovano, i suoi diciotto anni burrascosi che lui stesso ha definito i «migliori di tutta la mia età». Il fatto che il libro contenga anche disegni autografi di Galileo e mappe d’epoca, rendono il libro non solo un romanzo storico, ma una testimonianza della sua grandezza.

 

R) Sì, gli autografi di Galileo sono bellissimi, lui disegnava talmente bene ed è un peccato che poi sia diventato cieco quando era in isolamento.

 

D) Tornando a Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, lei scrive: non è solo l’ultimo libro di Galileo Galilei, la summa del suo pensiero fisico-filosofico sviluppato in oltre cinquant’anni di studi compiuti a Pisa, a Firenze e soprattutto a Padova. È uno dei capitoli più importanti della storia della scienza, inserito da Stephen Hawking nell’elenco delle cinque opere fondamentali della fisica e dell’astronomia. Ha aperto la strada ai Principia di Isaac Newton, il quale riconosce a Galilei di avere qui enunciato le prime due leggi della meccanica, e alla scienza sperimentale: per la prima volta sono progettati ed eseguiti esperimenti per verificare le ipotesi presentate. Un’eredità importantissima che lo stesso Galilei era consapevole di lasciare. Leggere Galilei oggi, però, non è facile, sia per l’approccio alla geometria, completamente diverso dalla matematica moderna, sia per la lingua. Per questo ho tradotto integralmente i Discorsi e dimostrazioni matematiche, perché sia possibile leggere nella sua interezza una delle opere seminali del pensiero scientifico (e della storia della cultura tout court) in un linguaggio comprensibile per il lettore contemporaneo, curioso e impaziente di risalire alle fonti primarie della scienza. 

Quali sono dunque le due nuove scienze? 

 

R) Le due nuove scienze sono la scienza dei materiali e la cinematica.  

 

D) Dopo aver delineato le sue particolarità caratteriali, e aver riportato, nel suo libro Discorsi e dimostrazioni matematiche di Galileo Galilei per il lettore moderno, i suoi studi in un linguaggio comprensibile al lettore moderno, oltre il contenuto, sorge anche la naturale curiosità di comprendere il metodo da lei usato per la traduzione del linguaggio. Nel testo infatti i tre protagonisti – Simplicio, Salviati e Sagredo – s’incontrano per commentare un testo in latino d’un accademico padovano.

Grazie al lavoro iconografico eccezionale, compiuto dai tecnici della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e alla traduzione in un linguaggio comprensibile a tutti, può finalmente essere fruito senza difficoltà da studenti e lettori curiosi.

Ci renda edotti, la prego.

 

R) Dico subito che questa è stata un’operazione per la quale sono stato anche criticato, e sapevo che sarei stato criticato. Mentre scrivevo questi due libri in cui ho “volgarizzato” e modernizzato il linguaggio di Galileo, ero cosciente dei pericoli di questa operazione. Perché in fondo Galileo scrive in italiano, tranne alcune parti scritte in latino. Per la maggior parte degli ultimi scritti Galileo scrive in italiano e allora molti mi hanno detto: perché traduci l’italiano in italiano? Bene, prima di tutto mi baso sulla mia esperienza di papà e di insegnante. Nel senso che vedo che certi libri anche scritti in italiano cinquant’anni fa, tipo le Guide Rosse del Touring, sono veramente difficili da capire per dei giovani moderni. Richiedono tempo e adesso non c’è più tempo per pensare. Uno vuole leggere subito tutto, specie sul telefonino quello che non si capisce subito viene eliminato, è cambiato proprio il modo di leggere. Ponendomi questo problema, ho scelto di parafrasare la lingua di Galileo. Capisco anche le critiche: è un approccio che si può discutere. Quando ho scritto “Discorsi e dimostrazioni matematiche”, ho fatto un esercizio di questo tipo: ho tradotto io il testo e poi l’ho dato a un liceo perché lo traducessero anche gli studenti di oggi. Per capire se il mio linguaggio era adeguato agli studenti di liceo di oggi oppure se era ancora troppo “trombone”. Ho scoperto che sono ancora troppo trombone. Allora ho preso un po’ il linguaggio degli studenti e ho cercato di ispirarmi a quello.

 

D) Professore, ma è una operazione meravigliosa, quella che ha fatto. Ha avvicinato i giovani, magari desiderosi di studiare Fisica, ad un argomento che per loro sarebbe rimasto ostico a vita.

 

R) Devo dire, tra le tante persone che hanno espresso giudizi sul mio lavoro, una del cui apprezzamento sono molto orgoglioso è il Prof Michele Camerota, che è l’attuale curatore dell’Edizione nazionale delle opere di Galileo.

Quando gli ho dato da leggere il mio lavoro mi ha detto che si trattava di un’operazione lodevole perché allarga la platea di quelli che possono leggere Galileo. Sono stato molto onorato di questa sua considerazione.

Se uno è in grado di leggere Galileo in originale, fa meglio a leggerlo in originale. Ma Galileo scriveva dei periodi lunghissimi, veramente difficili da seguire, e ha una matematica “antica”. Lo dico io, è difficile da seguire. Anche per me.

 

D) Infine arriviamo all’ultimo dei suoi tre testi, potremmo addirittura definirla una trilogia su Galileo.

 

“Galileo e la supernova del 1604. Con la traduzione del Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene”

“Prima dell’esplosione della supernova del 1604, l’ultima vista a occhio nudo nella Via Lattea, si credeva che le stelle fossero essenze incorruttibili. Quella stella nuova costituiva quindi un fenomeno inspiegabile. Gli scienziati di tutta Europa e dell’Estremo Oriente gareggiarono e collaborarono per capirne la natura, l’origine, i significati astrologici. Fra questi c’erano anche Keplero e Galileo Galilei – all’epoca professore a Padova –, il quale ne discusse in tre lezioni, che non volle mai pubblicare, in una poesia, poi subito ritirata, ma soprattutto in un trattatello scritto sotto pseudonimo in dialetto padovano: il Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene, qui riproposto e adattato in un italiano moderno”.

 

D) La sera del 9 ottobre del 1604 curiosi e appassionati di tutto il mondo stavano osservando una rara congiunzione tra Marte, Giove e Saturno, piena di implicazioni astrologiche. Improvvisamente vicino a quel luogo del cielo apparve una nuova luce, più luminosa di tutti i pianeti con l'eccezione di Venere. Rimase lì per un anno e mezzo e poi, come era apparsa, scomparve.

Oggi sappiamo che quella stella nuova era una supernova, l'ultima delle sette supernove osservate a occhio nudo nella Via Lattea.

Ma già il grande scienziato capì che il fenomeno contraddiceva l’immutabilità del cielo delle stelle fisse predicata da Aristotele. E lo scrisse: anche in versi.

Professore ci dica di più su questo fenomeno incredibile e sui contrasti tra Galileo e Lorenzini, suo strenuo oppositore.

 

R) Ogni tanto nel cielo accadono fenomeni veramente incredibili. L’astrologia è anche motivata dal fatto che a volte succedono queste cose incredibili. Proprio nel posto in cui i tre pianeti si congiungevano, proprio lì è nata una stella nuova – per la verità oggi noi sappiamo che non è una stella nuova ma è una stella che muore. Oggi noi relativizziamo molto l’importanza del fatto che tre pianeti si congiungano perché in realtà si congiungono visti dalla Terra, ma visti da un’altra parte dell’Universo non sono congiunti. Quindi è una questione di punti di vista. Chiaramente è un caso, o meglio una ricorrenza, quello che è accaduto. Però visto dall’uomo del ‘600, che era geocentrico ed era anche umanocentrico, questo fenomeno era incredibile. Proprio dove i pianeti si congiungono, lì nasce una stella.

Subito gli astrologi cominciano a ragionare su quali possano essere le indicazioni e i significati. Anche Galilei fa oroscopi, all’epoca vendeva oroscopi e li ha fatti anche per le figlie. Galileo viene subito contattato e parallelamente anche Keplero viene contattato. Non dimentichiamo che in quel momento erano i due più grandi geni viventi. Galileo e Keplero, due dei cinque scienziati piu’ importanti della storia secondo Hawking, erano vivi contemporaneamente e si scrivevano l’un l’altro. Delle belle lettere, nelle quali è evidente che si rispettavano. Erano due caratteri difficili tutti e due. Ho scritto questo libro perché dal libro precedente ho cominciato ad accumulare materiale su Galilei e su Keplero. Poi il materiale su Galileo era più facile da organizzare di quello su Keplero: Keplero è una personalità complessissima, e mescola tutto, la sua vita privata e professionale con le osservazioni scientifiche. Galilei è in qualche modo più razionale, anche se visto con gli occhi di oggi è anche lui uno fuori schema, diciamo così. Ho isolato il materiale su Galilei e ho scritto questa storia, che è molto interessante perché Galilei subito contatta dei corrispondenti napoletani e spagnoli per far misurare la posizione della stella. E scopre che la stella è nel cielo delle stelle fisse: quindi è veramente una stella. Quindi questo vìola un dogma dell’epoca e lui lo dice. E viene subito smentito da questo Lorenzini, che però probabilmente riportava la voce dell’Università di Padova. Lorenzini dice: io credo nelle misure di parallasse, cioè di distanza fatte da Galileo, però le tecniche delle Fisica non si applicano al regno dei cieli. L’obiezione lascia senza parole: perché non dovrebbero essere applicate? In questo modo questo blocca Galileo, che non trova di meglio da fare che scrivere, insieme a un suo studente, un trattato in dialetto padovano, pseudonimo, in cui prende in giro Lorenzini. 

 

D) Ho letto, in effetti si tratta di una beffa contro di lui. Due amici si chiedono come, persone senza adeguate conoscenze di matematica, possano esprimere opinioni così tranchant su un argomento tanto elevato. Mi ricorda molto quello che sta accadendo oggi con una schiera di No Vax, No Tutto che non credono nella scienza. Farlo allora, avendo un genio come Galileo, era del tutto incomprensibile: non trova?

 

R) Oggi non abbiamo più Galileo, ma grazie a Galileo abbiamo un metodo scientifico, per cui oggi c’è il modo di giudicare se una cosa è scientificamente sensata o no. Addirittura nella posizione che lei citava prima sulla pandemia, ci sono state secondo me delle polarizzazioni della posizione scientifica, in cui a volte si faceva dire alla scienza fin troppo. Cioè quelli che sostenevano la scienza, andavano oltre il potere della scienza stessa. Questo è pericolosissimo: se la scienza diventa una religione si confondono i ruoli.

 

 D) Allora Professore, questo scritto contro Lorenzini era uno sberleffo, scritto poi persino in dialetto padovano.

 

R) Non solo in dialetto padovano, ma in dialetto campagnolo padovano: racconta di due contadini che parlano tra di loro.

 

D) Professore, oltre ai suoi prestigiosi incarichi universitari, Lei ricopre un importante ruolo in un organismo internazionale: in cosa consiste il ruolo di Scientific Attaché a Parigi?

 

R) Sì, sono consigliere scientifico alla rappresentanza italiana permanente presso le organizzazioni internazionali a Parigi. Per un paio di anni faccio da consigliere nei settori legati al nucleare, al digitale, alla scienza globale e ai Pesi e alle Misure. Pesi e Misure che sono un argomento di Fisica molto interessante. Vorrei con l’occasione ricordare che la prossima settimana si tiene, come ogni quattro anni dal 1875 tranne qualche sospensione per cause di forza maggiore, la Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, che è quell’organo che definisce le unità di misura per tutto il mondo oltre che il tempo universale.

 

PatriziaGallo@europolitiche,it

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