EUROPA E CRISI DEL PENSIERO NELLA LEZIONE DI EDGAR MORIN
di Alessandro Mauriello
La Crisi del modello di sviluppo che stiamo vivendo dai molti analisti,
viene ricondotta in maniera integrata a motivazioni economiche,
ambientali, e politiche.
Con conseguenze importanti sui processi di trasformazione sociale,
composti dalle nuove forme di povertà e di disuguaglianze, dai nuovi
divari di cittadinanza, dalle nuove forme di lavoro povero e di potenza di
calcolo.
Ma in questo quadro si inserisce in maniera non tradizionale, l’ultimo
lavoro del prof. Edgar Morin, sociologo e filosofo francese dal titolo
“Svegliamoci” edizioni Mimesis.
La riflessione del “pensatore della complessità” porta prima a una
“analisi descrittiva” del modello politico francese con la fase nazionalista
e la fase di egemonia culturale delle Elite di Sinistra e di Destra Gollista,
allargando poi i suoi scritti al processo comunitario del Vecchio
Continente.
Il suo pamphlet va ancor più in profondità indagando non solo
l’incertezza, ma anche la crisi del pensiero moderno ponendo la centro
del suo ragionare con l’epigrafe di José Ortega y Gasset:
“ Non sappiamo che cosa ci sta accadendo, ed è precisamente quanto
ci sta accadendo”.
Un pensiero che incontra nei suoi meandri l’assolutismo scientifico delle
scienze quantitative e della Iper specializzazione:
“Questa complessità nelle quali crescita e decrescita divengono
inseparabili, è talmente invisibile che esperti, economisti, accademici,
politici, intellettuali sono convinti di disporre di mezzi di conoscenza
adeguati.
Gli specialisti disdegnano ogni conoscenza globale, che considerano
superficiale. Economisti e tecnici trovano certezza e compiutezza nei
loro calcoli”.
Qui entrano in gioco due fattori che partecipano alla profonda crisi del
pensiero moderno.
Il primo è la “frammentazione delle conoscenza” che fa divenire le scienze meccanicistiche e incomplete, per una teoria sociale del divenire senza una vera multidisciplinarità dei Saperi condivisi.
Il secondo è il prevalere del pensiero transumano con la tecno scienza, su ciò il filosofo rancese aggiunge:
“Tutta la filosofia transumanistica maschera il vero problema
dell’umanità, che non consiste nell’aumento quantitativo dei suoi
poteri ma nel miglioramento qualitativo delle condizioni di vita e delle
relazioni fra gli uomini. La vera sfida non è cambiare la natura umana
ma inibirne il peggio e favorire il meglio.”
Come porre rimedio allora a questa crisi, che investe il pensiero su cui
poggiano le fondamenta politico ideologiche anche del Vecchio
Continente?
Edgar Morin, sente nei suoi lavori di dover disegnare alcuni
percorsi/obiettivi da intraprendere in differenti lati come la formazione e
il sapere, passando per l’istruzione nelle istituzioni formative tradizionali,
fino all’inclusione e alla solidarietà:
• Salvare il pianeta dal nostro sviluppo economico
• Controllare lo sviluppo tecnico
• Investire su un pieno sviluppo umano
• Civilizzare la terra
• Puntare sulla creatività umana e su una nuova politica umanistica di
salute pubblica
Riprendendo le linee teoriche , di uno degli massimi interpreti e
collaboratori (insieme al prof. Mauro Ceruti n.d.r.) nel nostro paese del
filosofo francese, il sociologo e filosofo Piero Dominici dell’Università di
Perugia sulla società della conoscenza e l’approdo ad un nuovo
umanesimo:
“ Ma alla base del nostro lavoro si colloca, senza dubbio, anche una altro
intimo convincimento che la comunicazione etica e la conoscenza diffusa a livello locale e globale, rappresentino realmente i pre requisiti
fondamentali per la realizzazione del progetto su cui orma quasi tutti, pur
partendo da posizioni ideologiche diverse, sembrano essere d’accordo di
una società globale più equa e solidale.”