A ridosso della mezzanotte in cui scoccherà il silenzio elettorale, in Francia si è animata la tornata finale delle campagne elettorali dei candidati in lizza per l'Eliseo.
La Francia è ad un bivio politico e, per certi versi, storico: ancora 5 anni con Emmanuel Macron, oppure una svolta verso destra con Marine Le Pen, con il suo Rassemblement National, critica verso l'europeismo attivo ed entusiasta del suo avversario e molto attenta, seppur con piglio populista, ai problemi sociali.
Macron ha puntato molto sulla reputazione e visibilità di leader internazionale, cercando di esaltare il suo ruolo di presidente di turno dell'Ue, un ruolo apparso a lui congeniale, con sortite diplomatiche al massimo livello a Mosca, putroppo senza aver potuto convincere Putin a evitare l'invasione dell'Ucraina.
A 7 punti di distanza da Marine Le Pen, viene dato dai sondaggi Jean-Luc Mélenchon, candidato di France Insoumise, esponente della sinistra radicale verso il quale si volgono le speranze di un fronte frammentato e disorientato dal possibile scenario di un secondo duello Macron-Le Pen per l'Eliseo.
La destra gollista è clamorosamente al 10% con una candidata, Valérie Pécresse, che ha perso oltre la metà dei voti dei Républicains in pochi mesi di campagna (Francois Fillon, in pieno scandalo alle passate elezioni, prese quasi il 20%). In poche settimane è finito sotto quota 10% la novità Eric Zemmour, polemista e giornalista dalle posizioni scioviniste e razziste con una dote di voti che potrebbe essere certamente prezioso al secondo turno per Marine Le Pen.
I socialisti, a dispetto di una storia ploitica dal grande passato, viaggiano nei sondaggi al 2% seppur con una candidata capace e brillante come Anne Hidalgo, la sindaca di Parigi, a quanto pare non molto apprezzata come nella metropoli francese.
il candidato dei verdi Yannick Jadot propone la creazione di 700 mila posti di lavoro nei settori ecossotenibili, la presidenza di un solo mandato di 7 anni non rinnovabile, una «convenzione cittadina» permanente franco-tedesca, l’uscita dal nucleare.
Su tutti i candidati e i governi che verranno in Francia incombe l'impatto sull'eonomia reale e la vita dei cittadini e del sistema produttivo e commerciale dei rincari energetici e dell'inflazione. Il disincanto dell'elettorato francese è evidente rispetto alle promesse di risolvere questi problemi con richiami autarchici da una parte o una riproposta di una esanime visione globalista dall'altra. Si profila un ballotaggio in Francia pe il 24 aprile, dunque, e gli esiti riguarderanno tutti Noi europei perchè senza una Francia con all'Eliseo chi crede nell'integrazione europea, sono a rischio i futuri progressi verso l'unità europea che serve per far contare l'UE nel mondo consolidando il suo attrattivo modello sociale e civile.
Antonio De Chiara @europolitiche